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Recensione di " Il Concerto"

04/04/2011 | Recensioni |
Recensione di  Il Concerto

Pensando a un film intitolato ‘Il concerto’, vincitore (oltre al David di Donatello e al Nastro d’argento) di due premi Cesar come miglior colonna sonora e miglior sonoro, si potrebbe pensare a una pellicola un po’ pesante, adatta agli amanti della musica classica. Il regista rumeno-francese Radu Mihăileanu riesce a sfatare questa sensazione fin dai primissimi minuti del film, quando esordendo con una solenne esecuzione orchestrale fa sorridere il pubblico giocando con le inquadrature del direttore d’orchestra.
Viene raccontata la storia di uno dei più grandi direttori d’orchestra dell’Unione Sovietica, Andreï Filipov, caduto in disgrazia per aver contrastato la politica antisemita del regime, difendendo gli ebrei dell’orchestra del Bolshoï di Mosca. Basta però un fax ricevuto erroneamente per concedere all’ex direttore l’occasione del riscatto: perché non riunire l’orchestra da lui diretta 30 anni prima e presentarsi al Théâtre du Châtele di Parigi spacciandosi per il grande Bolshoï di Mosca?
Il film scorre velocemente: la disperata ricerca dei 55 professori d’orchestra, il viaggio improbabile Mosca-Parigi, il soggiorno degli ex sovietici nel mondo occidentale. A tratti si potrebbe rapportare a una sorta  di ‘The blues Brothers’, dove però si ride e si sorride sui luoghi comuni del popolo russo (ma anche del popolo francese) e sulla verve mercantile del popolo ebreo. Ma le tante situazioni comiche  non devono lasciar pensare a una commedia fine a se stessa. Il film infatti procede con un crescendo di emozioni, fino a toccare momenti drammatici e commoventi, toccando l’apice nel concerto finale, quando la commozione dei protagonisti del film si trasferisce allo spettatore toccandone le corde più sensibili.
Mihăileanu racconta infatti, riprendendo direttamente gli eventi della sua infanzia, anche la crudeltà con cui i vertici dell’URSS, in nome di folli pregiudizi razziali, controllarono la cultura e la musica, facendo ricorso in molti casi anche all’internamento nei temutissimi Gulag.
La colonna sonora si integra perfettamente con le scene di film, danzando sulla linea sottile tra commedia e drammaticità, culminando nel finale con il primo concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky. Il cast comprende nomi di spicco del cinema russo (Aleksei Guskov, Dmitri Nazarov) e l’attrice francese Mélanie Laurent (‘Bastardi senza gloria’) che interpreta una violinista ispirata alla famosa Anne-Sophie Mutter. Cercando il pelo nell’uovo si potrebbe obiettare qualcosa sul doppiaggio italiano, che ci propone i discorsi tra francesi in un perfetto italiano e i discorsi tra russi in un surreale italiano con accento russo, forzando un po’ la mano sullo stereotipo percepito in Italia.
Il riuscitissimo film di Mihăileanu è in finale un inno all’armonia e all’equilibrio della vita e della musica, di quell’arte che dovrebbe elevare le emozioni umane invece di essere troppo spesso rilegata a elemento marginale della società.
 

Daniele Riccardelli

 


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